Natale 2018 di Paolo Capraro

Natale 2018

Invio una breve riflessione sulla “massificazione” ricavata dai miei appunti di lavoro con il gruppo operativo della “Rete” in ambito scolastico di cui fanno parte l’avvocato Martino Fogliato, il sessuologo Gregorio Pezzato e il sottoscritto responsabile sportello “Scuola e Volontariato” Comitato d’Intesa e Csv di Belluno nelle scuole bellunesi di vario ordine e grado.

Binomio : centralità della persona nelle due sfaccettature umanistica e legale

Il supremo ostacolo al cammino nostro di uomini è la “trascuratezza” dell’io.

Il primo punto, allora, di un cammino umano è il contrario di questa trascuratezza, è cioè l’interesse per il proprio io, per la propria persona. Un interesse che sembrerebbe ovvio, mentre non lo è per nulla: basta guardare al nostro quotidiano comportamento per vedere quali immani squarci di vuoto della coscienza.
Il primo nostro interesse è dunque lo stesso nostro soggetto.
Il primo nostro interesse è che il soggetto umano sia costituito, e quindi che il mio soggetto umano sia costituito – che io capisca che cos’è e ne abbia coscienza. Se so che cos’è il mio soggetto, allora tutti i rapporti sono consapevolmente governabili, dominabili, determinabili da me: sono “miei”. Il riscontro ottenuto durante i confronti e i dibattiti delle nostre conferenze con i genitori, gli insegnanti e gli studenti, evidenzia la fatica di individuare quella  capacità di non trascurare il proprio io che porta a  poter dire “mio” con serietà – mia è questa preferenza, mio è quest’uomo, mia è questa donna, mio è questo bambino nato da mia moglie, mie sono le stelle.
In sintesi Per poter dire mio con serietà bisogna esser limpidi nella percezione del proprio io.

Bisogna mettere sempre la persona al centro, operare per e nella centralità della persona chiunque essa sia, evitando in tal modo alcun giudizio.

Per questo la prima preoccupazione che abbiamo sempre avuto, come caratteristica fondamentale di tutte le nostre indagini e riflessioni, è diventare coscienti del bene più grande e della sua unicità,  rinforzando l’autostima.

Pensiamoci:

se qualcuno ci schiaccia distrattamente un alluce ne abbiamo subito un risentimento, e ci ergiamo in uno sguardo minaccioso; se invece ci schiacciano la personalità, in modo tale che essa ne risulta letteralmente soppressa, o così intimidita da rimanere incapace di agire e inebetita, questo lo subiamo “tranquillamente” tutti i giorni. È per la consapevolezza di questo che, ogni qualvolta ci mettiamo a ragionare su qualcosa, vogliamo scoprire in che modo siamo influenzati e ingombrati da un a-priori o da un preconcetto derivati dalla pressione che “il mondo” – ciò che ci circonda -, attraverso i mass media e altri strumenti (come la scuola, la politica, ecc.), esercita su di noi.

Aiutandoci nel confronto diretto e aperto a fare chiarezza.
Dietro la sempre più fragile maschera della parola “io”  oggi si individua una grande confusione o al contenuto della parola “io”.che porta al dissolvimento della parola “tu”. L’uomo di oggi non sa dire coscientemente “tu” a nessuno: è l’inesorabile contraccolpo della mancanza di un soggetto, di un io.

Nessuna disumanità è più grande che far scomparire l’io: è precisamente questa la disumanità del nostro tempo.

In questa affermazione nasce la nostra strategia operativa della “Rete” indirizzata alla ricerca delle svariate problematiche nelle varie fasce evolutive, in modo da trovare insieme le soluzioni ai problemi emersi dalle rispettive personalità in ambito legale ed emotico, cioè umano.

McIntyre, in un suo libro, descrive tale situazione in termini che ci confortano a riesprimere giudizi così gravi:

«Gli ostacoli sociali – osserva – derivano oggi dal fatto che la modernità suddivide ciascuna vita umana in una molteplicità di segmenti».
La cultura della società di oggi produce un’immagine e un sentimento dell’io come aggregato di segmenti o frammenti.

Ogni segmento, ogni frammento – il rapporto affettivo, il lavoro, la religione, il riposo, il divertimento, ecc. – ha la sua legge, ha una dinamica stabilmente fissata e ineludibile (ci sono delle leggi per giocare al football e ci sono altre leggi per il rapporto tra un uomo e una donna, o per affermarsi nel proprio lavoro, e via dicendo).

Tutti i segmenti sono governati da una loro legge: perciò è come se la realtà rimanesse tutta terremotata.

«L’esito di un simile comportamento culturale e psicologico è quello di azzerare ogni costruzione in frammenti», dispersi per terra e l’uno contro l’altro in lotta. Come dopo un violento terremoto, non esiste più la casa e non esiste più il paese: esistono mucchi di sassi, brani di mura, la «gran ruina» di cui ancora parla Dante.

Cordialmente

Paolo Capraro