“Servizio civile, un anno per ritornare a desiderare”

Servizio civile, un anno per ritornare a desiderare”

di Paolo Capraro

Nell’ambito di “SOLIDARIA” a Padova, una bella manifestazione curata dal Csv di Padova e Rovigo, desidero portarvi alla vostra attenzione la voce dei nostri giovani.

Facendomi aiutare da alcuni spunti rilevati da una riflessione di Anna Morra, delegata Regione Veneto di Servizio Civile Universale, sviluppata durante l’evento a Padova “Servizio civile, un anno per ritornare a desiderare” all’interno del festival Solidaria 2022.

Come ben sapete oramai sono circa vent’anni che nel nostro territorio nazionale si attuano una serie di progettualità rivolte alle nuove generazioni, nell’ambito della programmazione annuale del servizio civile universale gestito dalla presidenza dei ministri e dal rispettivo ministero delle politiche giovanili, oppure il servizio civile regionale condotto dalla regione ospitante, inoltre servizio civile provinciale amministrato dalle rispettive province autonome.

Molte le riflessioni e gli approfondimenti dei partecipanti che permettono di avviare nuove strategie di intervento per il coinvolgimento e la partecipazione del mondo giovanile, formando dei cittadini attivi e corresponsabili; inoltre ricordo il tema predominante della regione Veneto riguardante le tematiche dell’intergenerazionalità, favorendo il dialogo tra le generazioni valorizzando la conoscenza e l’esperienza.

Un dibattito aperto e costruttivo dove ascolto, rete, comunicazione e facilitazione sono stati i punti cardini dei confronti emersi.

Proviamo a riassumerli:

ASCOLTO: i volontari in servizio civile sentono di non essere compresi e di non essere al centro del progetto. È necessario che l’ente si ponga in ascolto, provi a modellare maggiormente il progetto in base a specifiche esigenze dei giovani volontari e alle loro peculiarità e riconosca il suo lavoro come utile. I giovani sono forte stimolo di crescita per chi li ospita ma solo se riescono a trovare un terreno fertile pronto ad accogliere il cambiamento.

RETE: tanti hanno raccontato di trovarsi a vivere un anno di Servizio Civile in difficoltà o in solitudine a causa di una difficoltà di collaborazione tra enti affini, chiusure forzate o per poca attinenza dei compiti effettivamente svolti al progetto presentato. Per questo sarebbe auspicabile un maggior scambio tra enti e sedi vicine, così da aiutarsi in casi di disagi e di non far sentire soli giovani, che già faticano a riprendere il coraggio di desiderare,

fare amicizie e fare connessioni sociali. Inoltre, in questa rete rientra anche il nostro desiderio di integrazione di persone fragili, di periferie, di tutto ciò che viene allontanato dalla nostra realtà, che non viene intercettato dalla politica attuale e che non ha il “lusso” di poter desiderare. Abbiamo bisogno, in questo senso, di più spazi reali, di luoghi d’integrazione (non solo inclusione) in cui generare idee, empatici ed aperti.

COMUNICAZIONE: perché in molti non sanno della nostra esistenza e sembra che i primi siano proprio i nostri rappresentati politici in Parlamento? Non c’è consapevolezza del nostro corpo sociale e questo causa una serie di difficoltà che ci portano alla cattiva comunicazione di chi siamo e cosa facciamo. Con il Servizio Civile si contribuisce ad un cambiamento, si fa politica e si svolge un servizio per l’intera comunità, da cui tutti traiamo beneficio; se manca comunicazione mancano fondi e di conseguenza giovani interessati al Servizio Civile.

FACILITAZIONE: nonostante le promesse di attuazione di un Servizio Civile “leggero” in molti fanno fatica a conciliare studio/lavoro con il proprio progetto e non trovano una certa elasticità e comprensione nell’ente. Inoltre, bandi con tempistiche così poco delineate mettono in crisi sia chi progetta sia noi, alimentando il fenomeno dell’abbandono dall’anno di servizio.

Si è parlato di “Politica della cura”, che debba portarci tutti a non vivere un io isolato ma cercando di riacquistare un SI pieno alla vita, nonostante ci costi fatica.

La politica deve essere capace di creare spazi dove trovare una propria identità di cittadino, dove poterci identificare.

Il servizio civile deve portare a raggiungere questo desiderio perché è “umanizzazione del nostro Paese”; nel caso contrario questi spazi diventano conflittuali e violenti.

Senz’altro sono tutti ingredienti validi che aiutano il confronto e il senso di appartenenza, sviluppando solidarietà e corresponsabilità, sviluppando e approfondendo il senso da dare alla nostra vita, in particolare coloro che stanno attraversando una stagione così bella e difficile che è la gioventù.

 

Grazie della lettura arrivederci al prossimo articolo, Paolo Capraro