Al temporàl

Io non so se i bambini d’oggi, quando si scatena un temporale con lampi accecanti, saette sibilanti e tuoni rombanti provino paura.

Da piccolo, ricordo che ogni qualvolta il cielo cominciava a scurirsi e a brontolare, ovunque fossi stato, correvo da mia nonna Serafina, per trovare un rifugio sotto la sua ampia traversa, che sempre indossava.

Lei, capendo che la fifa mi attanagliava, mi faceva un sacco di coccole, rassicurandomi e dandomi coraggio, mentre la sua ruvida mano mi accarezzava il viso, questo mi dava un po’ di consolazione, ma ad ogni tuono rombante, tutto il mio corpo s’irrigidiva, chiudevo gli occhi e mi tappavo le orecchie, convinto che non vedendo e non sentendo mi sarei tranquillizzato.

A rincarare la dose, si metteva pure mio fratello, che si divertiva ad accentuare il mio stato d’animo e prendermi in giro dicendo: <<Senti, senti…al diàol che và in càreta>> <<Via dàle finestre che pòl gnèr entro nà sàeta>><<Prepara nà candela che àdès i cìo la luce>>, cosa assai frequente nà òlta. 

E mi, sempre sot le còtole de me nòna. Il peggio era, se àl temporàl veniva di notte, pàr mi, doppia paura, sebbene con i balconi chiusi, la stanza ad ogni lampo si illuminava a giorno, pàrea Bepi Zanfron che fea sciàntìsss, dalla luce che entrea dalle sfèse dei balcòi, da tànt le èra bèle larghe, che le mosche e le zanzare l’endea e le gnèa come su’autostrada. 

E subito dopo la tonnellata, c’era chi ti faceva scuotere tutta la casa, i cinghiali, le pipe della stua, e ti faceva ballare sul latte con la morbida culla, che si stendeva come uno scoiattolo, ma per fortuna quella nonna, lei era sempre lì.

A quel tempo, forse, ci spaventavamo tanto perché ascoltavamo le storie raccontate dagli anziani, dal mazarol, dal martorèl, dal vecchio bàcùca, dall’orco, dal lupo mannaro, tutti avvenimenti che fecero impressione, e ne fummo colpiti.

Non avevamo la televisione, i cellulari e le cose diaboliche del giorno a portata di mano, il che ti fa vedere tutto.  Oggi era già sveglia prima di nascere, ma aveva paura di essere qui.

Ennio Pavei