al “qùèrt” della Chiesa di S. Carlo

Quattro gocce in testa al pìòvàn durante una messa, hanno fatto alzare le pupille al soffitto della chiesa di S. Carlo nella “Contea di Rivamaor” Cosa succede? Quando tutti erano pronti a gridare al miracolo…al miracolo, si dovettero ricredere subito, constatando solo che pioveva dal tetto!

Impossibile…, eppure quelle gocce non potevano essere che di acqua, visto che fuori transitava nel cielo un bel temporale, così il giorno dopo, alla luce del giorno, fu organizzato un sopraluogo per le verifiche del caso.

Chi chiamare, per una perizia preliminare sul tetto della chiesetta, se non un capo dei vigili del fuoco?

Che fortuna…, Il più vicino, e alla mano, abita proprio a poche decine di metri di distanza.

Allertato il Caposquadra dei pompieri, a confluire nel luogo sacro, si è arrivati alla conclusione che il tetto aveva urgentemente bisogno di una sistematina.

Chi si chiama in questi casi? Un’impresa, che abbia tutte le caratteristiche e i mezzi per raggiungere il “quèrt” per la messa in opera dei coppi, e cosa non da poco, che essendo un luogo di culto, non chiedesse troppi schèì.

Fortuna sulla fortuna, si trovò subito l’impresa, e avrebbe pure sistemato il tetto, e cosa non da sottovalutare, senza chiedere una lira,… prenderla subito e senza far domande!

 

E fu così, che quel 9 settembre, l’impresa “Mamma mia non piangere, S.r.l.” si presentò al lavoro, armata di scale, ponteggi, corde, mattoni seminuovi e di seconda mano, cinture di sicurezza, caschi gialli, secchi, martelli, pinze, fil di ferro, mezzi meccanici e la voglia di incominciare, cosa non di poco conto ai nostri giorni.

Una volta arrivati in qualche maniera sul tetto, la faccenda si presentò più critica che mai, ma i quattro impavidi lavoratori (due pensionati, un laureato e un pompiere) se ne fecero un baffo, e in quattro ore sotto il sole cuocente, senza bibite, e senza soste sistemarono i coppi, aggiustarono la corda della campana e incollarono i bordi in pietra, prima che si sgretolassero.

Almeno per un po’, il don potrà celebrare la messa con i suoi parrocchiani senza il pericolo che gli cadano sul capo delle gocce di acqua, ma di sicuro cadranno sulla testa dei fedeli quando prenderà in mano l’ostensorio e comincerà ad agitarlo in alto, a destra e a manca. (E.P.)