La speranza non deve morire

In prossimità delle festività natalizie, desidero proporre alla vostra attenzione alcune riflessioni, frutto di un costante lavoro formativo dei nuovi giovani volontari nel servizio civile universale. Durante il periodo in cui devono svolgere le loro attività nei settori che hanno scelto, dovranno frequentare una serie di lezioni e di laboratori esperienziali.

Di conseguenza il percorso formativo trova il suo naturale punto di partenza in quella che continua ad essere la peculiare identità del Servizio civile universale, ovvero la sua funzione di difesa della Patria e, nello specifico, di “difesa civile non armata e nonviolenta”, che ne rappresenta la dimensione caratterizzante rispetto agli altri elementi, pur significativi, che da essa discendono, come l’impegno civile e di utilità sociale o come l’educazione e la formazione civica del cittadino.

Il Servizio civile universale, nel perseguire il proprio obiettivo di difesa civile della Patria, diviene inoltre strumento utile a contrastare la povertà educativa, grave problema della società contemporanea. I percorsi formativi e l’intera esperienza del servizio civile favoriscono la riduzione delle disuguaglianze nelle competenze e nelle conoscenze acquisite, così come previsto nell’Agenda 2030.

Il Servizio civile universale non si presenta pertanto esclusivamente come adempimento di un dovere costituzionale ma anche come esercizio di un diritto di cittadinanza, una sorta di “collaborazione civica” promossa e organizzata dallo Stato e dalle Regioni e province autonome e realizzata attraverso le organizzazioni pubbliche e del privato no profit.

In questa ottica il Servizio civile universale mira a rinsaldare il rapporto tra la cittadinanza e le istituzioni della Repubblica al fine di conseguire il bene comune e si traduce per chi svolge servizio civile in una “palestra di cittadinanza attiva” ed in una importante occasione di “formazione civica” e quindi di crescita personale.

Pensate, ogni anno, il sistema del servizio civile coinvolge decine di migliaia di operatrici/operatori volontarie/i e migliaia di operatrici/operatori locali di progetto e formatrici/formatori degli enti che instaurano tra loro un rapporto da “apprendista” a “maestro”.

La loro relazione è agita in due ambiti fortemente correlati tra loro: la formazione e il servizio.

 

 

 

Infatti, attraverso la formazione la/il giovane, oltre ad avere un beneficio in termini di competenze, arricchisce la società dei valori e della prassi del servizio civile mentre, svolgendo il servizio, oltre ad offrire un contributo alla difesa delle vulnerabilità del Paese, apprende attraverso “l’imparare facendo”.

Nell’ambito dei riferimenti al diritto internazionale saranno approfondire le tematiche relative al divieto di uso della forza nelle relazioni internazionali, “gestione e trasformazione nonviolenta dei conflitti”, alla “prevenzione della guerra” e alle operazioni di “peacekeeping”, “peace-enforcing” e “peacebuilding”. Saranno inoltre esaminate le tematiche concernenti il sistema istituzionale delle Nazioni Unite, con riferimento al ruolo di Assemblea Generale, Consiglio di Sicurezza e Consiglio dei diritti umani, nonché le norme e i principi dell’Unione Europea in materia di diritti umani e relazioni esterne.

Nei vari dibattiti e studi con i giovani è emersa preminente la seguente domanda: “ Ma come si previene principalmente la guerra? “   A dire il vero questo è il campo della diplomazia.

Potrebbe la diplomazia imparare dalla prevenzione primaria delle malattie: basti pensare all'emergenza Covid-19 ha portato molti a capire l'importanza della prevenzione, dove per poter avviare quest'ultima sono state raccolte molte prove scientifiche, inoltre sono stati descritti nei minimi particolari l'efficacia dei diversi approcci (educazione sanitaria, tassazione, incentivi, promozione dei comportamenti virtuosi, ecc.), allora anche la diplomazia potrebbe essere più sistematica nell'indagare i modi più efficaci di prevenire la guerra, con studi sul campo e forse piccole sperimentazioni.

Tutto ciò incrementa la speranza di eliminare gli scontri armati a qualsiasi livello.

Dobbiamo incentivare, la prevenzione suddivisa nelle svariate fasce, incrementando l'educazione.

L’augurio è quello di incentivare e di utilizzare suddetti modelli scaturiti dai programmi del servizio civile universale, per contrastare nelle scuole la cultura della violenza, che è endemica in certe zone del mondo. L'odio contro le minoranze e le nazioni adiacenti dovrebbe essere fortemente arginato con programmi educativi efficaci.

Come sempre la speranza è l’ultima a morire, auguri di buone festività natalizie.

Articolo di Paolo Capraro