Nel lontano 1909

SCOLASTICA ROCCON: «sotto la valanga sono stata salvata da un uccellino» Dodici morti e due famiglie completamente distrutte nella zona di Tassei, nel Castionese. – Una bambina nella culla fu trovata viva sotto la neve dopo ben 53 ore

Il mese di marzo è una dei più pericolosi per le valanghe. Sessantaquattro anni fa precisamente il 2 marzo 1909, all’una e quarantacinque di notte nella zona di Castion, in località chiamata Ciroch (Valli di Tassei) una valanga uccise dodici persone. Il fatto ci è stato ricostruito da due superstiti, Roccon Scolastica in Scagnet, che ha vissuto la tragedia perché è stata travolta assieme alla sua famiglia ed è stata l’unica a uscirne viva, e Reolon Angelo, che al momento della disgrazia aveva 13 anni e abitava poco distante dal luogo della sciagura (attuale osteria Piol di Tassei). Ecco quanto ci hanno narrato. Gli ultimi giorni di febbraio di quell’anno aveva nevicato parecchio. A Belluno si parlava di un metro, a Tassei di due metri di neve frammista a pioggia. Il terreno era gelato e tutti capivano che la massa nevosa appesantita dall’acqua nei luoghi ripidi poteva slittare. Nella casa Roccon abitavano allora 21 persone appartenenti a due rami tra loro parenti. Le due famiglie possedevano nel fondovalle il mulino(ora Battiston) con un mulo e quattro asinelli e, accanto alla casa una stalla con nove mucche, cinque pecore e due capre. Invano i parenti cercarono di prospettare il pericolo consigliando lo sgombero. I vecchi ripetevano: «Sono 107 anni che qui non vengono più slavine». All’una e tre quarti della notte il paese fu scosso da un forte vento che pareva sollevasse il tetto delle case: una slavina dopo aver trascinato con sé due casere aveva centrato la casa Roccon, abbattendone l’ala maggiore, e finendo nel fondovalle pochi metri a monte del mulino. Quella notte non fu possibile prestare alcun soccorso.

Al mattino due uomini si recarono a Belluno a chieder aiuto. Camminando sulla neve impiegarono cinque ore per arrivare in città. Furono inviati nel posto alcuni carabinieri e 20 soldati del 56mo fanteria. Intanto si era mossa la popolazione del Castionese e di Limana e si era incominciato a spalar neve, a rimuovere macerie ed a estrarre cadaveri, non avevano fratture; erano quasi tutti morti per soffocamento e per congelamento e furono raccolti nella chiesetta di Tassei; i nomi: Davide (anni 74), e Graziosa (anni 70), Matteo (anni 44), Angelica (anni 39), Reolon Teresa (nuora), Giovanni (anni 4), Luigi (anni 2); e per il secondo ramo; i nomi: Antonio (anni 69), e Giovanna (anni 65), e i nipoti Clementina (anni 6), Antonio (anni 3), assieme ad un servo Valpellini Antonio (anni 40). Si salvarono 6 giovani fuggiti da casa la sera prima: Vittorio, Domenico e Dosolina di Matteo e Antonio, Romano e David; si salvarono anche i coniugi Giovanni e Sparta Rosa, perché dormivano su un’ala della casa. Rimasta in piedi. Infine si salvò la bambina Scolastica fu Luigi, di anni 6, che dormiva ancora in una culla e fece da protezione. A tanti anni di distanza Scolastica ricorda di essere stata sempre sveglia e di aver chiamato aiuto; non aveva fame, non sentiva freddo. Fu trovata dopo 53 ore (cioè dopo più di due giorni) alle 7 del mattino con un piede gelato; le fu dato da bere un uovo sbattuto che subito rigettò; poi fu massaggiata a lungo con tre litri di grappa. Le dodici vittime furono composte in altrettante cassa e su slitte trascinate per 6 Km. Fino a Cet (allora non c’era ancora la strada) seguendo il letto del Cicogna. Il giorno 6 marzo si celebrarono i funerali partendo da Cet per Castion, dove furono tumulate, presente il Vescovo cooaudiatore mons. Foschiani. La signora Scolastica termina con un particolare da leggenda: <Lei sa che sono stata salvata da un uccellino?>. <In che modo?> le chiedo. <Mentre con badili e picconi spalavano neve e rimuovevano macerie senza speranza, ormai di trovare nessuno vivo, un uccellino incominciò a cantare e a svolazzare giù in mezzo ai lavoratori, posandosi sulla neve, senza paura. Mio zio che dirigeva i lavoro, se ne accorse e disse: <Questo è un segno, qui sotto ci dev’essere qualcuno; mettiamo da parte ogni attrezzo e lavoriamo a mano>. Lì sotto c’ero io. Fu per questo che fui trovata senza che mi facessero alcun male. Poi aggiunse: <Che sarà stato quell’uccellino?>. Risposi: <Avrà sentito il suo chiamar aiuto da sotto la neve; gli uccelli hanno un udito finissimo>. <Proprio vero, rispose, ma quando mi hanno tratta fuori l’uccello volò su una pianta vicina rimasta in piedi; cantò ancora una volta più forte verso di me e poi sparì, che sarà stato?>.

(dall’Amico del Popolo del 16 marzo 1974)