Festività Pasquali 2018

Festività Pasquali 2018

Riflessioni: 

in questo periodo ho partecipato a vari incontri con gli insegnanti, i genitori e gli studenti delle scuole sparse nella nostra provincia di Belluno.

Alcuni insegnanti e genitori non si sentono attrezzati per affrontare il loro difficile compito di educatori con gli studenti e con i figli, data la caratteristica odierna della società imbevuta di molteplici variabili e della strumentazione informatica.

Senza cadere nell’ansia, provando a confrontarsi e ad ascoltarsi, vedrete che le soluzioni non mancano.

Buona lettura e buona riflessione Paolo Capraro

L’ascolto si impara

 Indicazioni:

  • rigidità;
  • soffocamento protettivo;
  • la pedagogia della violenza vuole eliminare il conflitto;
  • al contrario, finchè c’è conflitto c’è anche comunicazione e relazione.

parole di H. Gardner:

  • “i bambini che nell’infanzia hanno l’opportunità di scoprire molte cose sul proprio mondo e possono farlo in modo facile ed esplorativo accumulano un inestimabile capitale di creatività su cui potranno contare per tutta la vita, mentre quelli che vengono ostacolati nelle proprie attività di scoperta e costretti a muoversi soltanto in una direzione o quelli in cui viene inculcata l’idea che la risposta giusta è una sola e che il compito di stabilire quale essa sia spessa esclusivamente alle persone dotate di autorità, hanno possibilità molto più scarse di non riuscire mai a muoversi con autonomia”.

H.Laborit, Elogio della fuga:

Ad ogni modo, se vi imbattete in qualcuno che sostiene di sapere come si debbano allevare i bambini, vi consiglio di non affidare i vostri”

R.D. Laing, Conversando con i miei bambini:

– “Le cose sui bambini le impariamo soltanto dai bambini”

F.Olivetti Manoukian, Adulto e bambino:

– “Educare significa capire”

La scomparsa dell’infanzia;

Non è la madre che si adatta all’infante, ma è il bambino che si adatta alla madre:

La creatività, infatti, è propria di tutti coloro che non copiano e non sono compiacenti, ma crescono in un modo genuino raggiungendo un modo personale di autoespressione. Nel falso Sé,  la creatività è compromessa. Di fatto, al falso Sé, per quanto ben strutturato, manca qualcosa e questo qualcosa è l’elemento centrale essenziale dell’originalità creativa.

Sheila Kitzinger:

  • La famiglia è il luogo in cui i bambini per la prima volta imparano che cosa sono il potere e l’autorità e come possono essere esercitati. Ciò che si insegna ai figli in termini di obbedienza o in termini di autonomia e indipendenza verrà poi trasferito alla sfera politica. Che tipo di cittadini vogliamo che diventino i nostri figli.

A. Montagu Il buon selvaggio :

  • “oggi è risaputo che la grandissima maggioranza di coloro che picchiano i bambini sono stati a loro volta picchiati o trascurati quando erano bambini. E’ risaputo che coloro che sono stati emozionalmente deprivati da bambini probabilmente diventeranno adulti aggressivi. Ed è anche risaputo che chi da bambino è stato adeguatamente oggetto d’affetto assai probabilmente diventerà un adulto affettuoso e non-aggressivo”.

Pat Patfoort:

  • “nell’educazione nonviolenta dobbiamo sforzarci di essere umili per capire che non possiamo mai obbligare o costringere, che non possiamo essere i padroni di nessuno. Non possiamo cambiare i bambini o farli diventare quello che noi vogliamo, ma possiamo influenzarli. Non possiamo agire o decidere al loro posto. Il bambino può giungere a una decisione diversa da quella voluta dal genitore. Il fatto che questo occasionalmente accada è il nostro modo di controllare che l’educazione che impartiamo è nonviolenta invece che manipolatoria ed autoritaria”.

Alice Miller:

  • “Se si è capaci di ammettere i propri errori davanti al bambino e di scusarci con lui per aver perso il controllo, allora le confusioni non s’ingenerano. Se una madre è capace di spiegare al figlio che, sì, è stato l’amore che prova per lui a farle perdere la pazienza, ma anche che è stata travolta da sentimenti estranei, che non hanno niente a che vedere con lui, allora il figlio può conservare la mente lucida, si sente rispettato ed è in grado di orientarsi nel rapporto che ha con la madre”.

I modelli educativi nascondono in definitiva molta più “politica” di quanto si è soliti pensare ma purtroppo alla questione non si è mai data l’importanza che merita.

J.Sèmelin (ricercatore francese della nonviolenza):

– “l’adulto condiziona il bambino, fin dai primissimi anni, a sottomettersi al suo punto di vista, impartendogli una precoce lezione che resterà poi un tratto dominante della personalità del futuro uomo. Simile precoce educazione all’autorità si innesta sull’evidente dipendenza del bambino, fisica ed affettiva, durante la prima infanzia. I genitori, per ottenere l’obbedienza, giocano, più o meno inconsciamente, sull’angoscia che il bambino ha di essere abbandonato, minacciandolo di toglierli il loro nome, se non si sottometterà. Gli adulti, a volte senza accorgersene, sfruttano la dipendenza psico-affettiva del bambino, la incrementano e la perpetuano, una generazione dopo l’altra. Diventando adulto, non sarà difficile per il bambino sottomettersi ai grandi, ai padri della nazione, allo stato”

La nonviolenza politica – ad esempio – è la fondazione di una diversa concezione del potere, una visione in cui il potere è sempre vincolato alla reciprocità e al consenso.

G. Sharp :

“il potere detenuto dagli individui e dai gruppi che si trovano ai più alti livelli di comando  di decisione di un qualsiasi governo non è intrinsecamente loro, ma deriva da altri. Il potere del governante dipende dalla continua disponibilità di questa collaborazione, non solo da parte dei singoli dipendenti, funzionari, impiegati o simili, ma anche di tutte le organizzazioni e istituzioni che compongono il sistema nel suo complesso”.

Per costruire una società nonviolenta e democratica è necessario che l’individuo si appropri del proprio potere, che:

  • è prima di tutto una forza che bisogna acquisire ed esercitare su se stessi. Un potere quindi che si pone come obiettivo quello di costruire una personalità che si liberi dalla paura, e diventi capace di agire con coraggio, di autorealizzarsi, di essere autosufficiente, e non dipendere pertanto dagli altri, e di avere una profonda identità basata sul rispetto di sé”.

Principio basilare:

  • “consentire ai bambini l’esercizio del proprio potere, dando loro giusta possibilità di fare scelte e di prendere decisioni”.

I bambini in realtà possono iniziare a fare scelte fin dalla nascita.

gli esempi del parto naturale e dell’allattamento a richiesta sono quelli più eclatanti, ma ce ne sono tanti altri.

Spesso l’adulto proibisce qualcosa ai bambini di palesemente pericoloso senza spiegarne il motivo, perché tanto non capiscono.

Fin da piccoli i conflitti fra adulti e bambini vanno risolti senza inutili autoritarismi, favorendo la compensazione e l’integrazione fra esigenze del bambino (che comunque sono primarie quando è ancora neonato) e quelle dell’adulto. Come dice Thomas Gordon occorre cercare soluzioni ai conflitti dove non ci siano né vincitori né vinti, strategie cosiddette “senza precedenti”.

Come è possibile contribuire a costruire un’identità orientata alla nonviolenza quando i bambini sono sistematicamente tenuti ai margini del loro potere?

Ognuno merita l’originalità e l’autenticità che riesce a conquistarsi ma è drammatico che ci sia qualcuno che glielo può impedire con l’idea che i più piccoli “vadano raddrizzati”.

 Apprendimento ecologico:

  • si definisce apprendimento ecologico quel tipo di apprendimento che permette al soggetto di sintonizzarsi con le proprie capacità, creando le condizioni per cui possa attivare le proprie capacità, creando le condizioni per cui possa attivare le proprie facoltà interne più che aderire a modelli esterni che risulterebbero comunque imposti e non interiorizzati.

Complessità dell’educazione:

  • ci troviamo nel difficile guado che segna il passaggio da una visione scientifica e culturale della società e della natura dominata dai miti della dinamica di causa-effetto e dal meccanicismo ottimistico di chi di ogni evento e di ogni fenomeno trovava una spiegazione razionale, a un orientamento più complesso, meno presuntuoso e più consapevole delle difficoltà di letture chiare e deterministiche dei fatti.

Alberto Moncada:

  • assistiamo sempre più alla trasformazione del sistema educativo in un parcheggio di giovani, in uno strumento per contenere l’energia giovanile, in una professione di controllo e pacificazione della popolazione attiva in eccesso.

 La scuola moderna attribuisce un’importanza crescente all’abilità logico-matematica e a certi aspetti dell’intelligenza linguistica, oltre a recuperare una valutazione positiva dell’intelligenza intrapersonale. Le restanti capacità intellettuali sono consegnate per lo più ad attività postscolastiche o ricreative, quando non sono ignorate completamente. Non stupisce che individui vissuti in società che avevano solo un’istruzione tradizionale provino grandissime difficoltà quando si cerca di farli passare rapidamente a un sistema di istruzione fondato sui computer.

Ecologico è un apprendimento che valorizza la diversità delle intelligenze, specialmente in età infantile.

Maria Montessori: la strada l’aveva già indicata a suo tempo Maria Montessori, sperimentandola proprio in Italia: l’apprendimento può avvenire solo in una dimensione di libertà, che veda l’insegnante come regista di un contesto, di un ambiente, di un “sfondo”. La sua è una “programmazione indiretta” volta a non interferire nei processi che si attivano nella mente del bambino. “Bravi gli insegnanti che hanno saputo portare la loro classe a un punto in cui possono dire: “Che io sia presente o no, la mia classe lavora da sola” “Il gruppo ha acquistato autonomia”.

Insegnanti e studenti non sono disposti ad assumersi i rischi del comprendere e si accontentano dei più sicuri “compromessi delle risposte corrette”. In virtù di tali compromessi, insegnanti e studenti sono in grado di fornire le risposte accettate come corrette. Naturalmente, alla lunga, non si tratta di una transazione felice: finchè si accettano prestazioni rituali, meccaniche o convenzionali, non si promuove la comprensione autentica.

Insegnare e assimilare la conoscenza dà sia all’insegnante che allo scolaro un saldo sentimento di certezza (lo scolaro sa riprodurre ciò che l’insegnante produce, e tutti possono aver l’impressione che la conoscenza così condivisa è tangibile e reale).

Ma questo senso di realtà è mal fondato giacchè i problemi della vita reale sono problemi aperti(open-ended problems) nel senso che non hanno delle risposte che possono apparire, alla luce dell’esperienza successiva, buone o sbagliate.

La scuola tradizionale, nonostante si dica spesso il contrario, è nemica dello sforzo creativo e del lavoro culturale vero e proprio e gli studenti ne sono complici partecipi (vedi il caso delle interrogazioni programmate) anche se spesso si rendono conto di far parte di un gioco tedioso e controproducente (ma anche tanti insegnanti se è per questo si rendono conto).

Senza dimenticare poi i genitori, altra categoria spesso e volentieri in collusione con i metodi più scontati. Anch’essi diventano spesso nemici delle novità e pensano che “vera e unica scuola” sia quella che loro stessi hanno frequentato, e solo quella possa dare le garanzie e sicurezze necessarie.

E’ nel confronto con problemi reali che può sia avvenire sia essere valutato un vero apprendimento, ed è sulla base di questa constatazione che si può introdurre il concetto di “didattica delle domande legittime”.

Perché il nostro sistema educativo è inteso a generare cittadini prevedibili, esso mira ad amputare quegli indesiderabili stati interni che generano imprevedibilità e novità. Ciò è dimostrato in maniera incontrovertibile dal nostro metodo di verifica, l’esame, durante il quale si fanno solo domande di cui si riconosce già (o è definita) la risposta, che lo studente deve mandare a memoria. Queste domande  io le chiamerò “domande legittime”. Non sarebbe affascinante pensare a un sistema educativo che miri a debanalizzare gli studenti, insegnando loro a fare “domande legittime”, domande di cui no si conosce la risposta?

Lavorare al contrario in una dimensione più creativa e meno prevedibile crea, abbiamo già visto, ansia, paura di perdere il proprio  prestigio, timori relativi al rapporto con gli alunni, preoccupazioni riguardo al proprio ruolo professionale.

Un’altra difficoltà è la valutazione. Risulta difficile pensare ad una valutazione basata su capacità e prestazioni piuttosto che su domande e risposte codificate.

Il ruolo dell’educatore (insegnante o meno) è fondamentale sia per selezionare la domanda più pertinente onde avviare una ricerca che porti effettivamente a qualcosa, sia per aiutare il gruppo ad organizzare il lavoro, nell’individuare bene i compiti e i luoghi dove avviare l’esplorazione. E’ quindi un ruolo di regia, che sta significare la capacità di facilitare l’apprendimento più che di distribuire informazioni e contenuti. A livello scolastico, un metodo del genere non significa affatto l’abolizione degli obiettivi ossia delle concrete capacità a cui il ragazzo o la ragazza devono pervenire.

Pur considerando le più tradizionali griglie tassonomiche, va detto con chiarezza che un’attività centrata su domande legittime porta ad apprendimenti significativi sia nell’ambito del saper (conoscenza) che del saper fare (capacità)  oltre che dell’essere (miglioramenti a livello socio-affettivo).

 Non va dimenticato che la violenza, tutto ciò che è oppressivo e intollerante, trova le sue radici e le sue basi educative in modi di pensare rozzi, semplificatori e banalmente lineari.

O.Wilde, De profundis):

“il vero stolto, colui che gli dèi deridono e distruggono, è colui che non conosce se stesso. Io lo sono stato per troppo tempo. Non esserlo più. Non aver paura. Il vizio peggiore è la superficialità.

 Prendersi cura di sé sul piano autoformativo è in realtà il vero primo passo per riuscire ad educare anche gli altri senza cadere nei giochi conservatori delle coazioni a ripetere.

B. Bettelheim:

–  “le sole cose che noi possiamo cambiare sono in noi stessi. Ma se noi cambiamo noi stessi per il bene di qualcuno, possiamo avere una grande influenza su di lui e cambiarlo. Veramente i problemi che noi abbiamo con gli altri, sono sempre i nostri problemi, mai i problemi degli altri.

Formarsi, in uno sforzo di introspezione, è il compito principale di chi vuol essere a sua volta educatore.

C. Jung:

“a tutt’oggi la pedagogia in genere non ha ancora capito che ai fini educativi sarebbe molto più importante conoscere la psicologia dei genitori che non quella infantile. I genitori non hanno niente di cui meravigliarsi, se non della sprovvedutezza e ignoranza che essi stessi hanno della propria psicologia, che a sua volta è il frutto del seme gettato dai loro stessi genitori: sprovvedutezza e ignoranza che perpetuano all’infinito il corso dell’inconsapevolezza di sé. La mia soluzione a questo problema è: educare gli educatori, fare scuole per gli adulti, ai quali non è mai stato insegnato che cosa occorre per la vita umana passati i quarant’anni.

Duccio Demetrio:

  • la storia di vita di ciascuno di noi è dunque un “contenitore” (un deposito) di eventi che contribuiscono alla nostra formazione e che, in certi casi, quando essi siano culturali e salienti, coincidono con ciò che siamo. Non potremmo pensarci o ripensarci indipendentemente da essi.

Raccontare la propria biografia educativa significa cominciare a riappropriarsi del proprio potere (auto) formativo, innanzitutto mettendo a confronto proprio le esperienze di “educazione istituzionale” con le “autoformazioni” per lo più misconosciute che emergono in tre tipi di legami: con gli altri, con le cose e con se stessi.

Appare sensato e per nulla provocatorio affermare che l’educazione degli adulti più che quella dei bambini può risultare la vera rivoluzione pedagogica del millennio che si sta affacciando alla storia del genere umano.

Cambiamenti reali e profondi nei modi di affrontare certi problemi, possono sorgere solo grazie ad una profonda vocazione formativa adulta. Paradossalmente è proprio questa l’età formativa per eccellenza, l’età in cui “educarsi” acquista un significato reale, svincolato dagli tanti condizionamenti, consapevoli o meno, di cui le età precedenti (e sempre più nelle nostre società) sono portatrici.

G. Rodari, pensieri per genitori:

“si tratta, quasi sempre, di creare le condizioni perché la vita scelga la via che le sembra migliore, mai di prefissare questa via centimetro per centimetro, o anche solo metro per metro”.

 Tanti auguri di Buona Pasqua da Paolo Capraro